I risultati degli esami biochimici rivestono una grande importanza, sia per la diagnosi differenziale delle varie forme di rachitismo, sia per il successivo monitoraggio dell’efficacia del trattamento farmacologico.

Per poter utilizzare al meglio le informazioni fornite dagli esami biochimici occorre essere consapevoli di alcune peculiarità che influenzano l’interpretazione dei dati.

Come per ogni misurazione è necessario tener presente la sua variabilità, che può essere influenzata da fattori diversi.

Alcuni analiti sono espressione del grado di metabolismo dell’organismo. La loro concentrazione varia a seconda dell’età e del sesso. Di fondamentale importanza è quindi avere dei valori di riferimento adeguati e rispondenti alle variazioni fisiologiche. Spesso, le concentrazioni sono maggiori in periodi di intensa crescita (periodo neonatale, pubertà). Talvolta, cambiano nei primi giorni di vita in modo importante.

Un’ulteriore attenzione va rivolta alla variabilità dovuta all’etnia. I dati disponibili in letteratura indicano come i valori ottenuti in coorti pediatriche in Cina differiscano da quelle Canadesi di bambini caucasici.

Un’ultima considerazione è legata alla metodica utilizzata per la misurazione. Anche se i vari dosaggi sono spesso calibrati utilizzando uno standard comune, vi sono delle differenze nei reagenti, nelle soluzioni, nei substrati, o nei tempi di reazione, che rendono conto della non uniformità dei risultati. Non è corretto perciò interpretare dati ottenuti con una metodica con riferimenti di un’altra.

Per illustrare la variabilità età- e sesso-dipendente, e le differenze tra metodiche diverse, abbiamo raccolto alcuni esempi di analiti che comunemente sono utilizzati per la diagnosi e la valutazione delle patologie scheletriche e del metabolismo fosfo-calcico. L’elenco è volutamente incompleto, in quanto sono stati considerati solo i metaboliti per i quali è disponibile uno standard di calibrazione, per cui la differenza tra le diverse metodiche non è elevata.

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